“Mi presento”… La parola alla Dottoressa Annamaria Marzi

Oggi conosciamo un’infermiera molto speciale, socia fondatrice del Sentiero e da sempre appassionata cultrice della persona e della filosofia di cura di Cicely Saunders: Annamaria è l’anima, insieme alla sua équipe, dell’Hospice “Casa Madonna dell’Uliveto” a Montericco, che si staglia nella sua bellezza antica sulle verdi colline emiliane. Circondato da un rigoglioso giardino di piante e fiori, è una vera e propria casa accogliente e curata nei minimi particolari, con la sala della musica, la cappella, mosaici preziosi e l’ingrediente essenziale della Cura integrale: l’Amore.

Sono Annamaria Marzi Infermiera Dirigente.
Ho scelto da giovane donna e studentessa di dedicarmi alla professione infermieristica per mettere al servizio la mia formazione classica per assistere (=stare vicino/stare con) gli ammalati, in alternativa alla professione medica che sentivo più centrata sulla diagnosi e terapia.
Nel 1982 all’Università di Milano alla Scuola Universitaria Discipline Infermieristiche in un corso monografico sull’umanizzazione della nascita e della morte sono stata profondamente colpita da una visita alla Fondazione Floriani dove sono state illustrate le Cure Palliative, proiettato il video di un Hospice e presentata la figura di Cicely Saunders. Mi si è aperto un mondo.
Da allora ho avvertito il bisogno incredibile, a fronte dell’abbandono o dell’accanimento clinico che riscontravo in Ospedale, di modificare la cultura dell’accompagnamento a fine vita.
Nell’Azienda sanitaria di Reggio Emilia ho assunto ruoli di responsabilità (caposala didattica, Vicedirettrice e Direttrice della Scuola Infermieri) investendo energie e passione nella formazione. Per far acquisire un minimo di competenze in Cure Palliative, ho iniziato a curare seminari di formazione con un Medico palliativista della 1^ ora e organizzare visite documentative all’hospice Domus salutis di Brescia. Cicely Saunders ha ispirato la filosofia di cura che avevo nel cuore.
Mi è stato chiesto poi di aprire il Servizio Infermieristico dell’Ospedale diventando responsabile delle professioni sanitarie dell’Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio E. Ma dopo 3 anni e ½ che cosa mi ha spinta a lasciare, licenziandomi, un ruolo professionale prestigioso ed economicamente garantito per un sentiero incerto, illuminato da un’intuizione, una scommessa? La scommessa di prendersi cura di malati in fase avanzata con un’amica Assistente sociale progettando e fondando (con altri professionisti amici) un Hospice a Reggio Emilia, il 1° in Emilia Romagna nel marzo 2001: la Casa Madonna dell’Uliveto ad Albinea sulle prime colline reggiane.
Alcuni anni fa ho aderito al cammino del Sentiero di Cicely perché penso che sia utile mantenere viva l’ispirazione umanizzante e autentica di una cura integrale della persona in fase avanzata di malattia, con un’attenzione speciale. Cicely ha riassunto in sé le professioni di infermiera, assistente sociale, medico: queste stesse professioni (insieme ad altre) hanno costituito il gruppo di lavoro che ha dato vita al progetto Hospice, nell’adesione concreta all’approccio delle Cure Palliative che chiede di assumere parzialità e composizione di sguardi differenti.
Oggi il Sentiero è molto attuale per tenere viva l’ispirazione di Cicely, geniale nel praticare e diffondere un approccio che convoca tutte le dimensioni dell’aver cura (cura integrale), a fronte di derive tecnologiche che frammentano e mortificano soprattutto gli aspetti relazionali, etici e spirituali.
Anche nelle Cure Palliative l’acquisizione di competenze su questi aspetti è un percorso accidentato per diversi motivi: il saper stare accanto per ascoltare e cogliere i bisogni psico-sociali-spirituali non è ancora oggi una priorità nei vari contesti di assistenza e cura.
La Casa Madonna dell’Uliveto è stata definita ‘un Hospice con l’anima’ ma, dopo oltre 20 anni di accompagnamento e assistenza, dobbiamo vigilare con continuità perché non si facciano strada l’assuefazione, la presunzione di competenza, gli automatismi del fare.
Rispetto al futuro sono fiduciosa perché alla professione medica e infermieristica si stanno affacciando giovani interessati/e alle Cure Palliative con sensibilità. Le sfide che ci troviamo davanti sono quelle dell’interprofessionalità, intesa come postura di condivisione di competenze trasversali, fondamentale per gestire la complessità dei percorsi di cura, e il consolidamento di approcci assistenziali che si mettano in ascolto autentico del malato, dei suoi valori, delle sue priorità. Che non sono coincidenti con le nostre.
Operiamo su un piano inclinato, il terreno scosceso ci può far deragliare, ma, come alpinisti dello spirito, continuiamo a salire ed esplorare, perché sulla cura della vita umana il nostro sguardo sia capace di abbracciare tutto il panorama“.

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