Cicely Saunders nacque a Londra il 22 giugno 1918, primogenita di tre figli: all’età di dieci anni la sua istruzione venne affidata al collegio di Seaford, dove la zia ricopriva il ruolo di matrona; ma solo dopo quattro anni, i genitori decisero di far frequentare alla figlia il prestigioso collegio di Brighton, il Roedean.
Cicely non amava Roedean, ma si considerava un’estranea in quel mondo che non le apparteneva, tale sconforto le derivava anche dalle continue liti tra i genitori che, infine, sfociarono nella separazione.
La Saunders avrebbe voluto frequentare l’Università di Oxford dopo il diploma al Roedean ma, non avendo superato l’esame di ammissione, si recò alla Bendixen, un centro di lezioni private, e riuscì a farsi ammettere alla Society for Home Students, il futuro St Anne’s College di Oxford, dove decise di studiare scienze politiche, filosofia ed economia, prima di cambiare repentinamente idea a seguito dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il suo disagio nel rimanere impotente mentre il conflitto mondiale infuriava la spinse a lasciare il St. Anne’s, dare gli esami di pronto soccorso ed assistenza domiciliare ai malati presso la Croce Rossa britannica e, infine, prendere il diploma di infermiera.
Gli anni da infermiera
Il lavoro di infermiera in tempo di guerra aveva caratteristiche molto particolari: nel 1939 la Scuola Professionale per Infermiere “Nightingale” venne dislocata in diverse case di cura per malattie mentali; come il Park Prewett, in cui Cicely ricevette decise conferme della sua scelta professionale in quanto, per la prima volta, fu lei la ragazza più popolare a cui tutti chiedevano un parere, attribuendo tale successo alla scelta di fare l’infermiera ed alla vita che questo comportava.
Nonostante la sua profonda dedizione, Cicely fu contrastata nel suo lavoro da un problema fisico che le creò non poco disturbo. Fin da ragazza, infatti, aveva presentato una leggera scoliosi alla colonna vertebrale che, a causa del duro sforzo fisico che scaturiva dal lavoro in corsia (ed il conseguente spostamento di una vertebra), la costrinse ad abbandonare la professione infermieristica tanto desiderata.
Assistente sociale sanitario
Per non abbandonare la cura dei malati, la Saunders intraprese il ruolo di assistente sociale sanitario presso il Royal Cancer Hospital e infine, nel 1947, entrò a far parte dell’équipe del St. Thomas’ Hospital, struttura specializzata nel trattamento dei pazienti oncologici. Di particolare rilievo in questa fase è il percorso di crescita spirituale che condusse Cicely alla conversione, in particolare alla dottrina della chiesa evangelica, che la guidò nel rapporto personale con Dio. Al St. Thomas’, Cicely conobbe David Tasma, un paziente terminale, agnostico, di cui si innamorò profondamente. La loro relazione rimase confinata tra le mura dell’ospedale. Si prese cura di Tasma in qualità di assistente sociale ospedaliera e, grazie anche al coinvolgimento emotivo da cui era mossa ed alla sua recente conversione, lo aiutò ad affrontare con serenità la morte ed a restituirgli una mistica fiducia in Dio.
Basilare per la sua carriera fu l’esperienza che la Saunders ebbe al St. Luke, una casa di accoglienza per moribondi. Lì l’assistenza ai pazienti era personalizzata: ogni malato vedeva riconosciuti la propria individualità ed il proprio microcosmo di emozioni ed affetti. Diversa rispetto all’ospedale era la somministrazione degli antidolorifici: il dolore veniva combattuto con efficacia somministrando analgesici ad intervalli regolari. La Saunders comprese, tuttavia, orientata in questo dalla forte fede religiosa, come non fosse sufficiente alleviare soltanto il dolore fisico, ma come occorresse soddisfare anche le esigenze emotive e spirituali dei ricoverati. La storia con David Tasma e l’esperienza al St. Luke fecero maturare in lei la consapevolezza che un grande sforzo dovesse essere avviato per lenire la disperazione dei malati terminali: iniziò così a delinearsi in lei il progetto di un Hospice, in cui medici ed infermieri si facessero carico anche della tutela psicologica dei pazienti.
Cicely afferma: “L’influenza che ebbe David su di me fu enorme. Quando morì mi lasciò 500 sterline per il mio progetto, dicendo che lui sarebbe stato una finestra nella mia casa, facendo riferimento all’Hospice. Mi ci vollero diciannove anni per costruire quella casa attorno alla finestra, ma i principi cardine del nostro intento nacquero dalle conversazioni che ebbi con lui prima della sua morte”.
Medico
Consapevole che come infermiera non sarebbe stata ascoltata con la sufficiente attenzione, la Saunders, con l’aiuto del dottor Barrett (un chirurgo di cui era diventata la segretaria), si iscrisse alla facoltà di medicina all’età di trentatré anni, spinta dalla grande motivazione che le permise di superare la severità dello studio.
Laureatasi nel 1957, entrò nel dipartimento di farmacologia al St. Mary’s Paddington come ricercatrice, dove concentrò i suoi studi sull’attenuazione del dolore dei malati terminali. Forte dell’esperienza al St. Luke, promosse la tecnica della regolare somministrazione di antidolorifici, contro la vigente norma secondo cui venivano somministrati solo quando il paziente lo richiedesse.
Cicely sviluppò la teoria che la dipendenza da tali farmaci forti, come la morfina, non derivasse da una loro somministrazione regolare, ma dal bisogno costante dei pazienti di richiederli, che ne ricordava loro la dipendenza. Una somministrazione regolare, invece, permetteva al paziente di ricevere dosi minori, di rimanere vigile e, allo stesso tempo, di ridurre il rischio di dipendenza. Questo approccio alla gestione del dolore divenne uno dei capisaldi dell’assistenza all’Hospice. Una volta che il suo piano fu delineato, la Saunders iniziò la raccolta di fondi per finanziare il suo progetto: la costruzione del St. Christopher’s Hospice.
Durante questa fase, lavorò presso il St. Joseph’s Hospice, luogo in cui conobbe il suo secondo amore, Antoni Michniewicz. Nuovamente, la relazione non oltrepassò le mura dell’ospedale, ma la morte di Antoni offrì a Cicely una grande sensazione di empatia nei confronti delle famiglie dei pazienti con cui avrebbe trattato al St. Christopher’s. Afferma la Saunders: “Ho sentito la sua mancanza in modo terribile, ma mi ha dato la carica per perseguire nel mio intento, dal momento che ho capito in modo profondo cosa vuol dire perdere qualcuno. Ho percepito che avevo il diritto di dire alle famiglie che potevo comprendere come si sentissero”.
Dopo la morte di Antoni, Cicely incontrerà un altro polacco, Marian Bohusz-Szyszko, dopo aver comprato uno dei suoi dipinti per la cappella del St. Christopher. Vivranno insieme per diciassette anni prima di sposarsi nel 1980. Bohusz-Szyszko morirà nel 1995 al St. Christopher’s dopo dieci lunghi anni di malattia, assistito da Cicely.
St. Christopher’s Hospice
Il St. Christopher’s vide la luce nel 1967. Si tratta di un istituto che ospita malati terminali di cancro o di altre malattie, ma anche anziani e malati cronici costretti a letto. Viene definito “un ospedale e una casa”, il lavoro di medici, infermieri e volontari si fonda sui concetti promossi dalla Saunders, assunti come modelli per il moderno Hospice. Grande attenzione viene prestata al malato, che necessita di cure personalizzate e fornite da un adeguato numero di infermieri qualificati.
L’obiettivo è liberare la persona ammalata dalla sofferenza e dal dolore, con la consapevolezza che il dolore non ha solo una dimensione fisica, bensì emotiva, sociale e spirituale. I farmaci vanno somministrati prima che il dolore si acuisca ed è fondamentale creare un ambiente ricco di calore umano e comprensione psicologica. Necessario è inoltre fornire assistenza alle famiglie dei ricoverati ed aiutare chi resta ad elaborare il lutto.
Cicely Saunders morì di cancro nel 2005, presso l’hospice da lei stessa fondato.