Prosegue il nostro incontro con i Soci Fondatori del “Sentiero di Cicely”: oggi si racconta il Dottor Guido Miccinesi, Vice Presidente della nostra Associazione e medico a 360 gradi. La sua brillante carriera di medico è sotto gli occhi di tutti, la bellezza variegata della sua persona emerge nitida dalle sue parole; il luogo dove lavora ha un nome affascinante, Villa delle Rose a Firenze… Non meno affascinante è il suo cammino sui passi di Cicely.
“Sono un medico in cerca della cura integrale, quella che davvero prende coscienza di tutta la sofferenza e si china su ogni tipo di ferita. Questo non è più possibile nella medicina intesa come applicazione esperta di biotecnologie ma è ancora possibile nella medicina intesa come relazione di cura che si avvale di biotecnologie. Per realizzare questo sogno, ormai posso chiamarlo così per quanto esso è ambizioso, dopo la laurea in medicina ho studiato psichiatria e psicoterapia, e dopo queste ho studiato, per la verità in tanti modi diversi perché non esiste propriamente una tale disciplina, bioetica; e mentre già avanzavo lungo questi tre percorsi verso quella che ritenevo la mia meta, la cura integrale, ho avuto l’occasione di conoscere l’epidemiologia e la statistica, e cosa siano davvero misura e incertezza in medicina: senza il loro ausilio e il loro realismo non si va da nessuna parte, mi sono detto.
Mentre avanzavo, quindi, seguendo simultaneamente diversi percorsi verso la cura integrale ho trovato nelle cure palliative il luogo ideale per mettere alla prova le mie intuizioni sulla sofferenza e la cura e, in un certo senso, finalmente ho preso dimora. Ma non bastava, perché avevo ancora da scoprire tutta la dimensione della spiritualità nella cura: allora via di nuovo…
Credo che Cicely abbia compiuto un cammino simile, componendo più discipline, percorsi diversi anche di professionalizzazione, lasciandosi unificare dalla realtà delle persone sofferenti che incontrava, lottando per rompere le regole dove necessario ma mai per narcisismo.
Mi sono un po’ spaventato una decina di anni fa nel vedere emergere dal mondo, ormai tanto grande e complesso, delle cure palliative un desiderio di cambiare strada rispetto a quella di Cicely, per passare dalla cura di tutta la persona alle cure che accolgono qualsiasi mezzo per affrontare il dolore, anche oltrepassando la persona e i suoi limiti. È allora che ho scoperto che altri vivevano qualcosa di simile, e che il riferimento a Cicely Saunders poteva aiutare tutti a non perdere la strada. Poi la strada si è rivelata un sentiero, neanche facile, ma presto lungo questo sentiero si sono aperti nuovi scenari, nuove amicizie: in breve ho scoperto che c’era qualcosa di vitale che ci riuniva e ci indicava il cammino. Oggi questo qualcosa di vitale è diventato una associazione e cresce con tale facilità da farmi pensare di essere capitato al posto giusto al momento giusto per compiere il mio sogno di ragazzo: curare l’uomo tutto intero, perché la sofferenza è brutta, isola, divide, non solo fuori ma anche dentro.
Mi auguro che la vitalità che io ho avvertito passi presto ad altri, si diffonda nei nuovi specialisti, unifichi il mondo della cura degli infermieri e dei medici ma anche quello degli psicologi e degli assistenti spirituali, dei volontari e degli OSS, e contagi i decisori della spesa pubblica e i responsabili del no-profit. Mi auguro che l’associazione che indica in Cicely l’origine di ‘tanta cura’ (la cura integrale) contribuisca fattivamente e a lungo a questa crescita. Quanto sarà necessario però, non un giorno di più. Cicely ha lasciato una ispirazione riguardo alla cura: tutto il resto passa, solo l’ispirazione resta. Mi auguro“.