“L’unica soluzione alla vita è vivere”: la storia di un bimbo che, così facendo, visse fino a 110 anni.

SCHMITT E. Oscar e la dama rosa, Edizioni e/o, 2023
Da il “Ciclo dell’invisibile”, ciclo di romanzi brevi

“Ti dico subito che odio scrivere… Scrivere è una cosa da adulti. In parole povere, una menzogna che abbellisce.”

Che sguardo acuto, caro Oscar-Testa pelata! Così piccolo, così grande nell’intuire il sottile crinale che separa la verità dalla falsità, l’essere dall’apparire, le parole che curano da quelle che feriscono: che emozionanti le avventure tue e di Nonna Rose, quella vecchina dagli anni indefiniti “a tredici cifre” pressoché “scaduta” come lo yoghurt, la tua fedelissima compagna di strada, l’unica a riuscire a superare il rigido regolamento dell’Ospedale con il suo fare deciso da ex “lottatrice di wrestling, conosciuta come la Strangolatrice della Linguadoca”.

Come non rimanere a bocca aperta quando ti racconta, in segreto, soprattutto quando sei triste, gli incontri appassionati sul ring, con quelle incredibili avversarie su cui è risultata vincitrice in “centosessanta incontri su centosessantacinque”? Un mito, praticamente, che ha saputo coinvolgerti nel fantastico Gioco dei 12 giorni divinatori: “Ogni giorno vale 10 anni!”. Così, in un tempo non tanto fatto di durata, quanto di profondità (come ci insegna un’altra vecchina strepitosa, la Dottoressa Cicely… chissà che soprannome buffo le avresti dato!) riesci a vivere tutta la tua vita fino a “diventare raffinato, artista” pure tu, perché “quando si invecchia, bisogna usare l’intelligenza”.

Stando con te, noi grandi veniamo a sapere che:

– “L’ospedale è un posto fichissimo… se sei un malato che fa piacere curare. Da quando ho avuto il trapianto, il Dottor Düsseldorf mi guarda deluso, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Eppure ce l’ho messa tutta… Più sta zitto e mi guarda con aria desolata, più mi sento in colpa”. Un invito a dire la verità, perché tanto, se non lo fanno le parole, saranno la postura, lo sguardo, i gesti a rivelarla….

– Al tuo amico (grande ustionato) Bacon dici: “Ma perché non mi dicono semplicemente che morirò?” e lui “è diventato sordo, come tutti in ospedale… se parli di morte, nessuno sente”. Quando Nonna Rose fa quest’osservazione: “Perché vuoi che te lo dicano se lo sai già?” tu le rispondi così: “In ospedale… ci si viene anche per morire”. Lei aggiunge che si fa così anche con la vita, che è fragile, poi ti fa la proposta: “Perché non scrivi a Dio, Oscar?” E così inizia la corrispondenza quotidiana con quel Dio che “mi è preso un colpo quando ho visto in che condizioni sei… Ma perché soffrire?Una di quelle “domande interessanti che rimangono domande. Racchiudono un mistero”, come sostiene Nonna Rose.

I genitori: sei arrabbiato con i tuoi, vero? I “vigliacchi che mi considerano un vigliacco” perché sono venuti di nascosto, andandosene senza nemmeno salutarti, perché “da quando vivo fisso in ospedale, i miei hanno problemi a scambiare due chiacchiere, così mi riempiono di regali”… Sai, noi adulti spesso indossiamo delle maschere e, per questo, ci condanniamo a una reciproca solitudine affettiva, ma a volte è una forma sconvolta di amore…

– Meno male che poi, grazie alla tua fuga rocambolesca nella macchina di Nonna Rose, che “deve aver imparato a guidare da uno stuntman”, tanto va veloce e date tutte le parolacce che proferisce, sei stato capace di far cambiare passo a tutti… fino a festeggiare il Natale insieme “come ai vecchi tempi”. D’altra parte, lei ti ha detto semplicemente che “la malattia è come la morte. È un fatto, non una punizione” e, quindi, tu hai concluso: “l’unica soluzione alla vita è vivere”.

Quanto si è sorpreso il Dottore quando gli hai ricordato che “è solo uno che ripara e deve rallentare” e quell’invito rivolto un po’ a tutti: “guarda ogni giorno il mondo come se fosse la prima volta!” “Carpe diem”, caro Oscar, “tutto scorre”: sei un saggio filosofo, non solo un artista intelligente… Hai 110 anni ormai: “mi sa che sto incominciando a morire”.

– Da ultimo, quando muori, con te muore anche Nonna Rose e ti rivolge un dolcissimo arrivederci (l’avresti mai detto, dopo tutte quelle parolacce?): “Era lui a vegliare su di noi. Ti ringrazio di avermi fatto conoscere Oscar. Grazie a lui sono stata buffa, ho inventato leggende, sono diventata persino un’esperta di wrestling. Grazie a lui ho riso e conosciuto la gioia. Mi ha aiutato a credere in te. Sono piena d’amore…”

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