“L’arte di insegnare”: Cicely e il “bedside teaching”

“Cicely insegnante”: quanti ruoli e quante sfaccettature, come in un caleidoscopio inesauribile, si scorgono in questa donna straordinaria che non finisce mai di ispirare e sostanziare la complessità variegata delle Cure Palliative!
Nel suo ultimo webinar, la Cicely Saunders Society ha esplorato proprio quest’aspetto peculiare della sua figura attraverso le relazioni di due Professionisti che l’hanno conosciuta personalmente, valutandone l’abilità come “teacher”.
Il ricercatore e professore spagnolo Dr. Carlos Centeno Cortés, direttore del Servizio di Medicina Palliativa presso la Clínica Universidad de Navarra, con calorosa simpatia ha più volte mostrato “fisicamente”, attraverso lo schermo del pc, la copertina del libro “Vegliate con me” – raccolta di 5 scritti che tratteggiano il viaggio spirituale di Cicely – per indicare che è anche il suo testo fondamentale, attraverso il quale insegna ai suoi studenti come accostarsi ai pazienti inguaribili. Dopo averlo letto, sovente gli raccontano qualcosa della loro esperienza, di ciò che l’incontro con Cicely provoca in loro: un ottimo esempio di approccio non frontale, rafforzato dall’invito a divenire loro stessi insegnanti condividendo le esperienze in reparto con i compagni di studio.
Dopo un breve incontro personale al St. Christopher’s nel 2000 e la lettura del suo libro, di cui riporta più volte espressamente le parole, sottolinea come Cicely aveva un approccio fenomenologico nel fare Cure Palliative, perché l’essenziale era essere con i pazienti: “Tu sei importante perché sei tu…” e anche “Voglio quello che è nella tua mente e nel tuo cuore”. Poi ne evidenzia l’approccio multidisciplinare nel definire il concetto di “dolore totale”, allora non conosciuto da tutti: “Sento dolore da entrambi i lati” e “Voglio non solo le vostre pillole, ma il vostro cuore”.
Altro concetto inusuale, a quei tempi, era “Cura spirituale” esemplificato da Cicely con le frasi dei suoi diari (“Voglio solo ciò che è giusto”, dopo il “Non voglio morire” di Antoni), da cui gli studenti imparano ad essere aperti e rispettosi verso ogni fede: e non erano forse proprio i suoi pazienti i maestri di Cicely, dai quali osservava e imparava in prima persona, condividendo talvolta anche le sue sofferenze? Formare in Cure Palliative attraverso le storie, quindi, è diventato anche per lui il metodo per eccellenza di insegnamento, oltre al “bedside teaching”, ovvero all’apprendimento “stando accanto” ai pazienti in reparto.
David Clark, noto sociologo e suo biografo, rimarca che la Narrazione è modo geniale di accostarsi ai malati e che dai diari di Cicely ne traiamo solo frasi e aforismi, piuttosto che uno schema completo “inizio-sviluppo-fine”.
La palliativista scozzese Dr. Jo Hockley, infine, arricchisce il ritratto di “Cicely as a teacher”, tratteggiandone 5 qualità principali, da lei notate negli oltre 4 anni di lavoro insieme al St. Christopher’s e nei 20 anni successivi.
Dopo avere sottolineato che era naturalmente un’insegnante per la sua stessa personalità, descrive il suo stile come:
“approachable”, cioè “accessibile, comprensibile, improntato alla vicinanza”
“disciplined and professional”, “rigoroso e professionale”, ricordando come al St. Christopher’s tutti gli operatori insegnavano come agire
– dotato di “strong knowledge and education”, eccellenze dovute a tutti I ruoli che ha ricoperto nella sua carriera
– e di “strong communication skills”, cioè “profonde abilità comunicative”
“enthusiastic”, cioè “appassionato”
Jo testimonia che Cicely era una “amazing person” e che proprio accanto a lei visse la sua prima esperienza della morte di un paziente, “a peaceful experience”. Non sempre le cose vanno bene, ammette, ma si impara anche dalle esperienze difficili: per questo ai suoi studenti ha sempre insegnato anche lei attraverso le storie, spiegando l’importanza di “essere sinceri e degni di fiducia”. “Storytelling is very powerful”, conclude!
Carlos, David, Jo… Ne sentiremo ancora parlare, ve lo assicuriamo!

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