I “luoghi” di Cicely: la sacralità del paziente e l’innovazione farmacologica – Il St. Luke’s Hospital

A Londra sui passi di Cicely, dopo aver visitato il St. Thomas’, cerco sulla cartina il St. Luke’s Hospital, ma… nulla da fare: ad oggi è uno dei “Lost Hospitals of London”, cioè non esiste più.
Tra me e me un po’ mi dispiace, perché mi sarebbe piaciuto sostarvi a pensare con gratitudine quanto l’esperienza vissuta lì influenzò la futura concezione del St. Christopher’s: proprio al St. Luke, infatti, Cicely trovò ispirazione per il suo personale metodo scientifico e umano di prendersi cura dei morenti, osservando il tipo di assistenza amorevole e personalizzata con cui i pazienti venivano accuditi; trascorrendoci ben 7 anni come infermiera volontaria, inoltre, ebbe l’opportunità di valutare, e poi far suo innovandolo, il modo peculiare in cui venivano somministrati gli analgesici oppioidi, per bocca e ogni 4 ore, un “unicum” per allora.

Se ne leggiamo le origini, ci imbattiamo in una storia di ideali concretizzati con operosità e generosità, non priva di intralci, eppur perseguiti con passione, un po’ come avvenne, in seguito, per la nostra Cicely.

Nel 1893 il dottor Howard Barrett (1842-1921) aprì una “Casa per i moribondi poveri” (Home for the dying poor): la St Luke’s House vicino a Regent’s Park.
Egli, infatti, era interessato a fornire una “casa di pace” dove i poveri potessero finire i loro giorni senza stigma: la St Luke’s House fu la prima istituzione del genere fondata da un medico per pazienti che non potevano essere guariti.

I reparti erano arredati come camere da letto borghesi, con piante in vaso, felci, poltrone, quadri e libri: l’assistenza infermieristica, una dieta adeguata e i farmaci venivano forniti, dunque, in un ambiente pulito e confortevole che davvero sapeva di “casa”. Di ispirazione religiosa, era di fatto interconfessionale: requisito fondamentale era che i pazienti fossero rispettabili e vicini alla morte, cioè con non più di tre o quattro mesi di vita.

Dopo varie vicende alla ricerca di un edificio più ampio, cosa non facile anche perché i vicini non volevano una casa per morenti nei loro pressi, la St Luke’s House riaprì a Notting Hill Gate nel giugno 1903, con 35 posti letto. Nel 1904 la regina Alexandra ne divenne la protettrice e fu protagonista, qualche anno dopo, di un’affettuosa visita a sorpresa ad una giovane operaia di nome Martha, che stava morendo di tubercolosi e le aveva scritto dicendo quanto le sarebbe piaciuto incontrarla. Sebbene la visita della regina fosse stata privata, fu riportata sui giornali il giorno successivo e fu fonte, per il St. Luke, di molto sostegno finanziario e di maggiore accettazione sociale.

Nel 1914 il dottor Barrett andò in pensione e gli successe suo figlio Edmund, che si era qualificato al St Mary’s Hospital. A quel tempo, la St Luke’s House era stata ribattezzata St Luke’s Hospital for Advanced Cases.
All’inizio degli anni ’20, infine, venne acquistato un sito di proprietà in Hereford Road, aperto nel 1923: l’edificio dell’Ospedale sopravvisse indenne durante la seconda guerra mondiale. Verso il 1935, per tentativi ed errori (non erano stati tenuti registri accurati), si era appunto scoperto che, somministrando ai pazienti analgesici a orari fissi, prima che insorgesse il dolore piuttosto che secondo necessità, potevano essere tenuti molto più vigili e presenti fino alla fine.

L’Ospedale riaprì completamente nel 1945 con 48 posti letto, alcuni dei quali riservati a pazienti oncologici. Nel 1948 si unì al NHS e divenne associato al St Mary’s Hospital: fu proprio nel marzo di quell’anno, a pochi giorni dalla dolorosa morte di David, che la nostra Cicely chiese di potervi lavorare come infermiera volontaria, la sera o nei giorni festivi, pur mantenendo il suo ruolo di Assistente sociale. Lì si confermò nel tipo di assistenza che avrebbe voluto offrire ai futuri pazienti del suo Hospice: familiare, accogliente, rispettosa, personalizzata, spirituale e tecnicamente all’avanguardia.

L’Ospedale fu definitivamente chiuso nel 1985, quando ormai, da quasi vent’anni un’altra Casa aveva preso a vivere…

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