Venerdì 13 giugno scorso si è tenuto a Bologna il Convegno “Oltre la malattia. L’importanza di un approccio integrato in medicina palliativa”, organizzato dalla Scuola di Specialità in Medicina Palliativa, con la collaborazione della nostra associazione.
Il nostro Presidente, Dr. Marco Maltoni, ci condivide così le sue impressioni:
“Numerosi relatori italiani e stranieri hanno portato esperienze e dati a supporto del fatto che un rapporto di cura ‘globale’, tipico delle Cure palliative, è necessario alla relazione di cura in tante situazioni e condizioni. Hanno portato la propria esperienza dirigenti e volontari di associazioni a supporto di persone con disabilità giovanili e dell’adulto, raccontando l’umanità che sta alla base di rapporti di questo tipo.
Sono stati poi effettuati affondi organizzativi, internazionali (l’amico Eduardo Bruera in collegamento da Houston e, in presenza a Bologna, Josephine Hockley di Edimburgo, per anni caposala dell’Hospice di Cicely Saunders), e scientifici sulle cure palliative specialistiche, comprendendo anche aggiornamenti e innovazioni sulla ricerca. Sono state ribadite le caratteristiche antropologiche e umane dei rapporti di cura, che vedono l’uomo come una relazione in atto, che accresce, e non riduce, la propria dignità, se chiede aiuto per affrontare la propria condizione: trovando risposte di accompagnamento in familiari, amici, professionisti e società civile, al contempo accresce anche la solidarietà in tutti gli ambiti civili e sociali che tocca, nella massima espressione di quella “autonomia relazionale” che è propria delle Cure palliative”.
E poi, come non chiedere direttamente a Jo quali argomenti ha trattato? Ecco cosa ci ha raccontato in sintesi:
“Ho parlato per 20 minuti circa, utilizzando tre importanti spunti di apprendimento tratti dalla mia esperienza di lavoro con Dame Cicely Saunders presso il St. Christopher’s Hospice.
Il primo punto non era solo ‘anticipare”’ la morte, ma riconoscere effettivamente la morte ‘imminente’ – la fase finale del processo del morire (Hockley 2015). In secondo luogo, l’importanza di costruire relazioni con pazienti e famiglie in modo che, quando sono pronti a porre domande difficili sulla morte, si sia pronti a rispondere in modo gentile e onesto.
Infine, il terzo aspetto condiviso nella mia relazione è stata la questione fondamentale di ‘imparare riflettendo insieme’ come team. Circa una settimana dopo la morte di un ospite, il team si riuniva per riflettere su ‘cosa è andato bene?’, ‘cosa non è andato altrettanto bene?’, ‘cosa avremmo potuto fare diversamente?’ e ‘c’è qualcosa che dobbiamo cambiare a seguito di questa riflessione?’ (Hockley 2014)”.
Giornata sicuramente interessante e fruttuosa, dove prevalentemente medici di ruolo e specializzandi, ma anche infermieri (come Antonella Ceroni,insieme a Jo nella foto) hanno potuto riflettere insieme sui fondamenti preziosi delle Cure palliative moderne. Buon lavoro a tutti!
Hockley J (2015) Intimations of dying: a visible and invisible process. Journal of Palliative Care, 31 (3): 166 –171.
Hockley J (2014) Learning, support and communication for staff in care homes: outcomes of ‘reflective de-briefing groups’ following a death. International Journal of Older People Nursing, 9(2):118-30. doi: 10.1111/opn.12048