“Mi presento”… la parola al Dottor Giovanni Zaninetta

Medico, anestesista rianimatore, palliativista: il Dottor Giovanni Zaninetta è Socio fondatore del Sentiero ed è stato a lungo Direttore del primo Hospice in Italia, la Domus Salutis di Brescia. Già Presidente della Società italiana di Cure Palliative, si distingue per autorevolezza, affabilità e schiettezza. Conosciamolo meglio nella sua presentazione, che ha il pregio di delineare anche gli scopi dell’Associazione e il suo auspicabile ruolo nel contesto istituzionale.

Partecipare al Cammino di Cicely è stata l’inevitabile conclusione di un altro cammino iniziato molti anni prima, quando ho mosso i primi passi nella realizzazione e nella gestione del primo hospice italiano, la Domus Salutis: siamo sul finire degli anni ’80 e non si poteva immaginare un riferimento diverso dalle esperienze inglesi, riconoscendo il ruolo fondamentale di Cicely Saunders. Al di là dei riferimenti di letteratura, un approccio “personale”, anche se non “di persona”, nacque dalla richiesta dell’editore di scrivere la prefazione alla sua biografia scritta dalla Du Boulay, uscita in Italia nel 2004.
Questo approfondimento, insieme al mio percorso dei 15 anni precedenti di vita in hospice, ha creato un legame culturale singolare in cui il suo precedente insegnamento “tecnico” si è arricchito con la conoscenza di un vissuto complesso e profondo che mi ha fatto comprendere meglio il significato da lei attribuito al concetto di approccio globale, che pure mi era noto.
Con queste premesse si può immaginare che, nel momento in cui alcuni amici da tempo coinvolti nelle cure palliative hanno proposto di incontrarci per un confronto sui valori originari della Saunders, non avrei potuto che rendermi disponibile. Come molte iniziative meditate e consapevoli, l’associazione non è nata in una notte, ma ha avuto dei tempi di maturazione che aiutassero a capire cosa si voleva fare (o non fare): recuperare la sensibilità e la spiritualità di Cicely per renderla attuale nell’inevitabile cambiamento dei tempi, senza snaturarne il contenuto e senza confinarla in un ambito confessionale, e, d’altra parte, cercare di aggiungere qualcosa alla Società Italiana di Cure Palliative, senza in alcun modo costituirne una alternativa. Quest’ultimo aspetto mi è sempre sembrato importante, sia per la mia storia personale, sia per una valutazione strategica del ruolo della società scientifica, che si trova oggi con una responsabilità rilevante nella crescita e nella piena incorporazione delle cure palliative nella formazione accademica e nella pratica clinica.
Paradossalmente, il momento pandemico ha favorito i passi per la nascita dell’associazione e i momenti di incontro attraverso il WEB, poiché non sarebbe stato semplice trovarsi spesso di persona per dare concretezza all’idea iniziale. Altrettanto, credo che la via più efficace passi attraverso un sito attraente e aggiornato, che consenta di essere “dentro” l’associazione anche limitando gli incontri in presenza, che potrebbero essere problematici per infiniti motivi.
L’associazione può e potrà avere un ruolo importante proprio per l’affermarsi delle cure palliative e della medicina palliativa nell’ambito del SSN e in campo accademico: il rischio di questa affermazione potrebbe essere un eccessivo accento sulla medicina basata sull’evidenza, aspetto ovviamente indispensabile per definire la componente “tecnica”, ma assolutamente insufficiente per dare conto della multiformità, della complessità e, in definitiva, dell’unicità che presenta ogni percorso di avvicinamento alla fine della vita.
Credo che dobbiamo, sulle orme di Cicely, assumerci il compito di ricordare e valorizzare questi aspetti che inseriscono il dato esistenziale, vero riferimento delle cure palliative e anche della medicina palliativa. Il ruolo dell’associazione dovrebbe essere proprio questo: integrare ed arricchire gli aspetti assistenziali clinici e organizzativi con una visione fortemente attenta ai valori, ai ricordi e alle speranze del morente e del suo gruppo familiare, per dare un aiuto competente e trasversale all’oggettiva difficoltà di accompagnare in maniera tecnicamente e umanamente adeguata le persone che percorrono l’ultimo tratto della loro vita
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