Con il permesso gentile di Jo Hockley ho preso spunto da questo suo articolo che mi aveva inviato in regalo per condividerlo con gli amici del Sentiero di Cicely, perché lo trovo estremamente attuale e profondamente “interrogante” anche se scritto già nel 2015 e sicuramente, da allora, passi avanti ne sono stati fatti. Ho pensato di suddividerlo in due parti per l’importanza e l’intensità di quanto suggerisce, dando modo di rifletterci su con calma.
Come sappiamo, la morte e il morire non sono argomenti correntemente insegnati agli studenti di medicina e di infermieristica in modo sufficientemente profondo, nonostante autori famosi come Worcester (1935) incoraggiavano già la presenza al letto del paziente per affinare e costruire la loro esperienza clinica. Jo stessa, lavorando per parecchi anni nelle cure palliative, e negli ultimi anni con i più anziani, sviluppò sempre più l’interesse al processo del morire, che era stato suscitato in lei dai mesi trascorsi a lavorare a contatto con Cicely Saunders al St. Christopher’s nel 1978 quando Jo realizzò l’importanza del “bedside teaching”.
Jo constata con tristezza come una volta, anche nella ricerca di un Hospice inglese, l’accento era posto su “come e cosa fare” con i morenti piuttosto che “come stare con loro”: invece sottolinea, per esperienza, come l’atteggiamento appropriato sia un “permettere ai morenti di esprimere i loro pensieri, i loro sentimenti e le loro paure.” Richiede, in sostanza, un coinvolgimento a diversi livelli.
Pur avendo a lungo lavorato in Cure pallative con persone di ogni età e e con ogni tipo di malattia, Jo sottolinea tre sezioni con la sua esperienza con le persone anziane che muoiono nelle “care homes”:
- Descrive i primi tre stati visibili del processo del morire
- Esplora ciò che potrebbe accadere al sé morente individuale, che è un processo invisibile
- Infine, discute l’importanza di una non eccessiva medicalizzazione dei morenti e di riconoscere gli autentici processi naturali del corpo, della mente e dello spirito nel morire.
Con la guida di Jo, in questo primo piccolo pezzo, esamineremo il primo punto, che è senz’altro vitale e ricco di spunti.
IL PROCESSO VISIBILE DEL MORIRE
Mi piace che Jo evidenzi subito che, come esiste un processo del nascere, così esiste un processo del morire: la sua delicatezza e concretezza, sperimentate in diverse occasioni, mi incantano sempre.
Secondo lei, il processo del morire si può suddividere in tre stadi: “il riconoscere il morire”, “lo spegnimento periferico” e “la morte imminente”.
“Il riconoscere il morire” (settimane di vita)
È un aspetto fondamentale nell’offrire un’alta qualità di cura alla fine della vita. Per gli anziani, questa fase spesso è più lunga che per gli ammalati di cancro e si manifesta nel dormire di più, nel perdere l’appetito o nel bere di meno. Di solito il team multidisciplinare e i parenti decidono di non fare ulteriori indagini, ma di concentrarsi su tre aspetti essenziali su cui Jo insiste molto: la cura della bocca e le bevande per bocca, come acqua gel o gelato; l’importante è che piccoli sorsi mantengano la bocca idratata e che si applichi un buona crema idratante per il confort del viso e delle labbra.
Il secondo aspetto è il girare regolarmente il paziente, fatto estremamente importante per prevenire quella rigidità che favorisce il decubito, perché non sono in grado di girarsi da soli.
Il terzo aspetto è l’essere presenti e disponibili a spiegare al paziente e ai suoi cari il processso del morire: lo scopo è di alleviare le loro paure, specialmente se è la prima volta che capita loro di assistervi. A questo punto, la persona morente stessa sarà cosciente del fatto che la morte è vicina.
“Lo spegnimento periferico” (giorni da vivere)
Durante questa fase, il morente potrebbe avere ancora un giorno o due di vita. Si riconosce facilmente da alcune caratteristiche: un aspetto freddo bluastro evidente alle estremità (che però non necessita di coprire di coperte del paziente, che non sente freddo); la respirazione di Cheyne-Stoke, modello anomalo di respirazione caratterizzato da una respirazione progressivamente più profonda, e talvolta più veloce, seguita da una graduale diminuzione che provoca un arresto temporaneo della respirazione chiamato apnea (Jo suggerisce di sollevare il paziente con cuscini morbidi); Infine, il terzo aspetto è il rantolo, che sopravviene quando le persone perdono la capacità di tossire ed emettere le secrezioni tracheobronchiali.
Naturalmente, i passaggi sono differenti, come già accennato, per i pazienti più giovani che muoiono per cancro e per i pazienti più anziani, che spesso necessitano nei loro ultimi giorni di vita soltanto trattamenti a base di ansiolitici anziché di morfina.
Jo suggerisce di lasciare accesa una luce notte e giorno per aiutare il morente a orientarsi durante i risvegli e anche di lasciar suonare una musica dolce per alimentare un’atmosfera di pace.
“La morte imminente” (ore da vivere)
Quando la morte è imminente, il corpo si indebolisce ulteriormente. Il respiro cambia nuovamente, divenendo poco profondo, e sempre meno ossigeno viene. trasportato ai centri vitali. Il polso è sottile e flebile: sembra che i l morente abbia più solo una o due ore di vita.
Jo sottolinea il fatto che spesso il Personale di cura purtroppo manca nel notare questi segnali inequivocabili, cosa che impedisce loro di avvisare i parenti della morte imminente del loro caro e li priva della possibilità di scegliere se essere presenti o no a quel momento.
Purtroppo, inoltre, nota che spesso lo staff evita di essere presente nella camera del morente già nei giorni precedenti, perché l’atmosfera è spessa tesa. In tal modo, spesso i parenti restano seduti da soli nella stanza per l’imbarazzo che si crea e per la mancanza delle parole appropriate da dire.
In realtà, ricorda Jo, non ci sono parole speciali in queste circostanze, ma la famiglia di sicuro apprezza una presenza di conforto. Riprendendo le parole di Roy (1988), “Morire con dignità è… morire in presenza di persone che sanno lasciare cadere la loro maschera professionale per relazionarsi con gli altri in modo semplice e ricco come esseri umani”.