Diario gioioso di un weekend formativo con il Play “Cicely and David” all’Hospice San Martino di Empoli.

Lo scorso weekend, venerdì pomeriggio e sabato mattina, si è svolto un incontro formativo molto intenso e stimolante nella cornice familiare e accogliente dell’Hospice San Martino di Empoli, in Toscana, che ha coinvolto l’équipe tutta, compresi alcuni volontari, nella visione del Play “Cicely and David” di David Clark proposto dall’Associazione di Promozione culturale e sociale Sul sentiero di Cicely.

Un luogo a me personalmente già noto e caro, per averlo conosciuto e visitato giusto un anno fa, in occasione della presentazione del libro di Emmanuel Exitu “Di cosa è fatta la speranza” a Vinci: la memoria ne conservava un’impressione di bellezza, cura e attenzione, che si è confermata nella partecipazione attiva e propositiva di tutti gli operatori presenti, in prevalenza infermieri e oss. Quando poi ha fatto capolino il Dottor Guido Miccinesi, assistente spirituale dell’Hospice e carissimo amico, socio fondatore del Sentiero, per condividere con noi un paio d’ore, il clima si è fatto ancora più significativo, perché Guido fin da subito è stato un incoraggiante sostenitore dell’attualità del Play e della potenzialità narrativa in esso racchiusa… gratitudine immensa!

In un silenzio ricco di presenza e in un clima di autenticità, due differenti gruppi di operatori, coordinati dall’infermiera Sandra Niccolini – molto amata da tutti nel suo essere autorevole senza perdere in umanità e simpatia – hanno visionato nelle due sessioni, pomeridiana e mattutina, con curiosità bella (quella che etimologicamente è “desiderio di conoscere”) il filmato sull’incontro tra la Dottoressa Cicely Saunders e il primo “paziente fondatore”, il polacco David Tasma, traendone spunti per condividere vissuti, emozioni e riflessioni.

Attingendo alla ricchezza degli strumenti della “cassetta degli attrezzi” propria della Medicina Narrativa, abbiamo ripercorso insieme come sono nate le Cure Palliative moderne, su quali valori universali si sono fondate e come si sono diffuse in tutto il mondo a partire dal St. Christopher’s Hospice di Londra, la “creatura” di Cicely per cui la si considera la fondatrice di questo modo di dare assistenza a chi non può più guarire. Nato appunto grazie al lascito di 500 sterline di David, ma parimenti grazie ai racconti di tutti i pazienti incontrati, ascoltati e presi sul serio da lei – quelli che considerava vere e proprie “fondamenta spirituali” dell’Hospice, fu da subito quel ponte tra ospedale e casa che si rivelò la concreta realizzazione di una struttura e di una filosofia di cura adatta a soddisfare i bisogni dei morenti e dei malati cronici, unitamente alle loro famiglie.

Ci siamo cimentati nella bellezza della scrittura per comprendere quanto sia uno strumento utile per dare un nome alle emozioni, ripercorrere il proprio cammino e magari ridisegnarlo in un ordine differente, con un punto di vista dall’alto che il parlare non può offrire: quante belle condivisioni ne sono nate! Vi ringrazio perché avete avuto il coraggio di esporvi in un’atmosfera serena di non giudizio regalando un pezzetto di voi agli altri e a me, che mi sono subito sentita incorporata in un “noi” che mi ha arricchito profondamente. Sì, perché abbiamo concordato che la relazione di cura è reciprocità ed è un dono camminare insieme nelle diverse professionalità, ma uniti dalla narrazione delle nostre storie alla luce della comune passione per le Cure Palliative.

Il nostro tempo, preziosamente condiviso, era iniziato con un momento di pausa e quiete per essere veramente presenti e si è concluso con una restituzione corale di ciò che ci portavamo a casa: tra tutto, è stato commovente sentire alcuni di voi esprimere la bellezza del sostare, dell’uscirne rimotivati e con un senso non scontato di appartenenza, che è la gentilezza nel vero senso della parola. Pronti a ripartire e desiderosi di approfondire la figura di Cicely, la sua storia avvincente e travagliata, la ricchezza della sua eredità umana e scientifica, con un obiettivo preciso e convinto: “stare” accanto ai pazienti e ai familiari in modo da aiutarli a morire “in modo giusto” e a vivere con dignità e amore fino all’ultimo dei loro giorni.

Grazie davvero bellissima équipe, compresi i volontari con cui, alla sera, abbiamo condiviso impressioni, domande e valori relativi all’essere, appunto, volontari nell’accoglienza e nello stare proprio accanto al letto dei pazienti: un gruppo variegato e affiatato che promette molto bene.

Buon cammino, allora, e… arrivederci!

P.S. La “pausa chicchi”, che in toscano vuol dire “dolcetti”, mi è piaciuta un sacco… Grazie anche per queste coccole golose!

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